mercoledì 21 giugno 2017

50 Anni per Nicole Kidman: Le 5 Migliori Interpretazioni

Il 20 Giugno 1967 nasce ad Honolulu Nicole Mary Kidman, attrice australiana tra le più talentuose e versatili della sua generazione.


Liberatasi dall'ombra dello "scomodo" marito Tom Cruise, alla fine degli anni '90 si impone come interprete poliedrica spaziando tra ruoli commerciali e film d'autore con una semplicità disarmante.
Dopo aver vinto numerosi premi tra cui l'ambito Premio Oscar, la sua carriera subisce una battuta d'arresto, abusa della chirurgia plastica e nel decennio 2005-2015 (tranne l'eccezione "Rabbit Hole") sceglie una sequela di film tutt'altro che memorabili e con un imbarazzante riscontro al botteghino. 
La rinascita professionale si compie proprio quest'anno, che l'ha vista tornare alla ribalta agli occhi dei critici e del pubblico prima con l'interpretazione in "Lion" (nomination agli Oscar 2017) e successivamente con un tris di film ben accolti il mese scorso al Festival di Cannes, tra cui il nuovo lavoro di Sofia Coppola "The Beguiled", senza dimenticare la fortunatissima incursione sul piccolo schermo con la miniserie gioiello "Big Little Lies".
Se la vita inizia a 50 anni, Nicole ne è la prova vivente, con la speranza che possa aggiungere altri ruoli memorabili ai cinque elencati di seguito, senza dubbio tra i miei preferiti.
5) "Da Morire" ("To Die For" - 1995) di Gus Van Sant.
All'epoca ancora Signora Cruise, questo è il primo ruolo da protagonista assoluta per una Kidman mattatrice nei panni di Suzanne Moretto, un'aspirante anchorwoman senza scrupoli assetata di fama e celebrità.
Un ruolo sicuramente lontano dai personaggi positivi e romantici che hanno contraddistinto buona parte della sua carriera (vedi ad esempio "Cuori Ribelli", "Ritratto di Signora", "Ritorno a Cold Mountain") e proprio per questo tra i più acclamati ed interessanti, grazie al quale vinse il suo primo Golden Globe nel 1996 come Miglior Attrice Brillante.

4) "Eyes Wide Shut" (1999)  di Stanley Kubrick.
Ultima pellicola del genio Kubrick e anche della coppia Cruise-Kidman, "Eyes Wide Shut" rappresentò per la Kidman l'occasione definitiva per affrancarsi dallo spettro di rimanere in eterno "la moglie di Tom Cruise" e sfidare il suo partner (nella vita e in scena) in una gara di bravura dalla quale, senza dubbio, Nicole uscì vincitrice. Molti gridarono allo scandalo quando per lei non arrivò la nomination agli Oscar, ma non si sarebbe dovuto attendere troppo, giusto un paio di anni.

3) "Moulin Rouge!" (2001) di Baz Luhrmann.
La consacrazione arrivò grazie ad un regista suo connazionale, che l'aveva vista recitare e cantare in una pièce teatrale a New York, e la volle fortemente come protagonista nella sua opera pop e visionaria ispirata a "La Traviata" di Verdi.
Un segno del destino, visto che il film in questione ebbe il merito di riportare in auge il genere musical al cinema dopo decenni di oblio. 
"Moulin Rouge!" di Luhrmann segnò uno spartiacque nella carriera della Kidman che, grazie al personaggio di Satine, riuscì a convincere anche i critici più snob, acquisire il meritato successo a livello mondiale e ottenere finalmente la sua prima nomination agli Oscar come Miglior Attrice Protagonista (vinto quell'anno da Halle Berry che fece la storia dell'Academy).

2) "The Others" (2001) di Alejandro Amenábar.
Anno prolifico per la Kidman post divorzio, il 2001 la vide protagonista anche di uno dei migliori thriller del decennio diretto dallo spagnolo Amenábar. Atmosfere gotiche, suspence alla Hitchcock e un look che ricordava l'eleganza e lo charme di Grace Kelly, con "The Others" Nicole Kidman aggiunse un altro tassello ad una carriera a quel punto inarrestabile, corteggiata dai migliori registi su piazza e dai festival cinematografici di tutto il mondo.

1) "The Hours" (2002) di Stephen Daldry.
L'Oscar come Miglior Attrice Protagonista non si fa attendere e, come da tradizione, arriva per un ruolo drammatico che vede la Kidman nei panni della scrittrice britannica Virginia Woolf e per il quale dovette andare incontro alla classica trasformazione "fisica" (naso posticcio in primis) che la imbruttì e la rese quasi irriconoscibile. 
Niente di tutto ciò poté sovrastare la sua bravura nel rendere vibrante e commovente una donna, ancor prima che un'autrice, terribilmente tormentata da demoni interiori e, sebbene il suo tempo sullo schermo non superi i 28 minuti (incredibilmente meno delle co-protagoniste Meryl Streep e Julianne Moore), l'interpretazione della Kidman, con un perfetto accento inglese, rimane indelebile grazie anche a uno dei migliori monologhi del film.


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