mercoledì 4 ottobre 2017

"madre!" e "L'inganno": post femminismo mancato?

Entrambi attualmente nelle sale italiane, "madre!" di Darren Aronofsky e "L'Inganno" di Sofia Coppola potrebbero essere definiti come due film post femministi a tinte horror: sia l'uno che l'altro mettono al centro della scena figure femminili emblematiche che cercano, a fronte dell'invasione del loro spazio sacro, con le dovute differenze di epoca ed età anagrafica, di (ri)affermare la propria posizione svincolandosi dall'egemonia dominante maschile.



Fin qui niente di strano, considerato anche il fatto che uno dei due registi è di sesso femminile, ma ciò che disorienta e per certi versi delude di queste pellicole è il modo in cui viene affrontato il dualismo tra ciò che la donna rappresenta per la società, fondamentalmente una minaccia, e come ella reagisce a questa categorizzazione.
Esulando per un momento dal puro giudizio cinematografico, il vero problema di "madre!" è la totale inerzia, se non passività, della protagonista Jennifer Lawrence (nel ruolo probabilmente più difficile della sua carriera) nei confronti del marito/star Javier Bardem: il suo amore cieco e assoluto alla fine sarà la sua condanna a morte, il suo alienante desiderio di maternità la porterà sull'orlo della pazzia. 
Inutile dire quante e innumerevoli chiavi di lettura ci offra la discussa (a dir poco) opera di Aronofsky, fischiata a Venezia ma apprezzata in patria, che destabilizza e "intrattiene" in maniera sconvolgente il pubblico nella sua allegoria sfrenata, come raramente capita di vedere sul grande schermo. 
C'è chi ha gridato al capolavoro e chi all'indecenza, personalmente non mi trovo d'accordo con nessuno dei due parossismi: senza dubbio il regista confeziona un film (troppo?) ambizioso ma imperfetto, si fa prendere la mano dal manierismo barocco e dal cannibalismo (non solo) tematico, mettendo in scena ben più di quanto serva, ma la vera domanda è "Voleva semplicemente scioccare o il suo delirio celava qualcosa di più?"
La risposta probabilmente si trova nel pleonastico dialogo finale tra i due protagonisti, che rendono didascalico e banale un messaggio che fino a quel momento era stato sì bombardato verso lo spettatore, ma sempre confondendolo per creare un climax onestamente impossibile da ritrovare in pellicole recenti.
Tutt'altro discorso per "L'Inganno" della Coppola, che a differenza del suo collega mette il freno a mano: sebbene efficace nel creare un'atmosfera gotica ottocentesca con tutto il sottotesto delle donne che da sole mandano avanti un'antica dimora mentre intorno a loro impazza una terribile Guerra, la mano della regista non è abbastanza incisiva per creare quel senso di urgenza o conflitto necessari per spingere il racconto più in là di quello che vuole sembrare. In esso le donne si rendono, per forza di cose, autosufficienti dal modello maschile creando una micro società nella quale bastano a loro stesse e, quando si presenta l'occasione, non tardano a ribellarsi ad un autoritario, benché indifeso, estraneo: proprio qui sta la sostanziale differenza con "madre!", benché là gli invasori siano molteplici.
L'interpretazione della Kidman, soprattutto, è fondamentale (oltre che ben riuscita) perché rappresenta il classico archetipo di "donna ragno" che tesse silenziosa la sua tela nella quale prevedibilmente cadrà la sua preda. 
Per la filmografia della Coppola, reduce dal flop di "Bling Ring", è un passo avanti ma con tali armi a disposizione avrebbe potuto osare di più e realizzare un film che ponesse davvero in rilievo la donna come nucleo indipendente non più soggiogata dal maschio, mentre qui assistiamo a un compito ben confezionato e nulla di più. 

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