sabato 19 marzo 2016

Il Film della Settimana: "Mommy"

Raramente un film riesce ad avere uno sguardo lucido e spiazzante, e al contempo squisitamente poetico, come "Mommy" (presentato al Festival di Cannes nel 2014 dove vinse il Premio della Giuria), quinto lungometraggio dell'enfant prodige canadese Xavier Dolan (classe 1989), la cui giovane età non lo esime dall'avere un tocco personalissimo ed una mano esperta più di tanti suoi sedicenti "navigati" colleghi.


Nel costruire il rapporto amore-odio tra una madre e il figlio con gravi disturbi comportamentali, egli compie quasi un miracolo moderno: fa puro Cinema. Mostra, racconta, crea immagini indelebili, svela di volta in volta dettagli peculiari, entra violentemente nelle vite dei suoi personaggi miserabili con grazia e grande maestria, senza mai farne delle macchiette. 

Esplosioni ed implosioni, grida e silenzi, parole taciute e aggressioni fisiche, complesso di Edipo e tensioni sessuali: la difficoltà del vivere la quotidianità, con un enorme peso da portare (la malattia per il giovane Steve, l'impossibilità della madre Diane di poterlo salvare).
Girando nei sobborghi di Montréal, Dolan sceglie persino di utilizzare il formato 1:1 per trasmettere il disagio di una vita strizzata, ingabbiata, che solo a tratti riesce a liberarsi nell'illusione di felicità del 16:9.
Un film necessario, vero, che squarcia l'anima e la ricuce, senza mai abbandonarsi al melodramma fine a se stesso, consegnandoci dei personaggi che pulsano e sgorgano vita, ferite e sangue. 
Eccezionali gli interpreti: Anne Dorval, nei panni della madre Diane, in un ruolo che ricorda Anna Magnani per fisicità e disperazione; il giovane Antoine-Olivier Pilon, sui cui lineamenti si tratteggia il binomio abisso-innocenza adolescenziale; Suzanne Clément, la vicina di casa, segnata nell'uso della parola probabilmente da un lutto in famiglia, che riporta un equilibrio seppur precario all'interno della coppia madre-figlio, e contemporaneamente si libera dal suo fardello riuscendo nuovamente ad esprimersi, grazie al suo quasi inconsapevole potere terapeutico.
Nessuno riesce a salvarsi alla fine, in un epilogo amaro e sofferto.
Brillante la scelta della colonna sonora, che spazia da Dido, agli Oasis, fino a Celine Dion e Lana Del Rey, un contrasto pop sempre al servizio delle immagini. Straziante inoltre il flash-forward immaginario di Diane sulle note di Ludovico Einaudi.
In definitiva un film che, in altre mani, sarebbe sconfinato nell'autoindulgenza, ma che grazie a Dolan viene plasmato in un gioiello di rara bellezza. Testimonianza ulteriore di come il cinema d'autore, quando fatto come si deve, non debba per forza alienarsi il pubblico né trincerarsi dietro a fredde rappresentazioni prive di pathos.
Da recuperare immediatamente tutta la filmografia di questo giovane cineasta (inedita in Italia, "Mommy" è il suo primo film ad essere distribuito nel nostro Paese), che a soli 26 anni può già vantare un percorso invidiabile. Chapeau



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