lunedì 13 febbraio 2017

Moonlight

"Moonlight" di Berry Jenkins è il racconto di formazione di un ragazzo omosessuale di colore che vive nella periferia di Miami, suddiviso in tre momenti peculiari della sua vita: infanzia, adolescenza, maturità.
Madre dipendente dal crack, bullismo, omofobia, ricerca di una figura paterna: questi i grandi ostacoli posti di fronte al giovane Chiron




Tematiche non certamente inesplorate al cinema (inevitabile pensare al caso di "Precious" nel 2009), ma che in qualche modo scardinano una porta già parzialmente aperta da opere precedenti, in una veste del tutto nuova: parlare di omosessualità nella comunità nera, peraltro di quella più povera e svantaggiata, rendendo il tutto asciutto e mai retorico, è un traguardo encomiabile in un'epoca come la nostra dove persistono, coriacei, ancora molti tabù. Nel mondo patinato della serie tv "Empire", ad esempio, l'argomento è affrontato dal punto di vista di ragazzi belli, ricchi e ai vertici della notorietà.
Con abilità Jenkins crea un ritratto potente e visivamente efficace della sofferenza del piccolo Chiron, ma l'opera nella sua interezza mostra ben presto le sue debolezze di fondo. 
Paradossalmente, il pathos tarda ad arrivare (tanto che si ha la fastidiosa sensazione che il film non parta mai) e il tutto sembra molto trattenuto, fatta eccezione per due momenti fondamentali, invero molto riusciti: il primo "contatto" con l'amico Kevin, sulla spiaggia, e la "vendetta" di Chiron a scuola. Qui la regia cala le sue armi migliori.
Sfortunatamente, laddove avrebbe dovuto essere più sfrontato e viscerale, il finale arriva in punta di piedi, in un crescendo di aspettative (troppe), proprio come il modo in cui flirtano Chiron e Kevin a casa di quest'ultimo, lasciandoci inevitabilmente sul più bello.
Decidere di non mostrare completamente l'evoluzione del suo protagonista, un uomo lesivamente chiuso in se stesso che rifiuta la propria natura (per fare un parallelismo, l'Ennis di Heath Ledger in "Brokeback Mountain" era di gran lunga più riuscito) dà alla pellicola un senso di irrisolto che mal si sposa con il suo intento liberatorio.
Peccato, perché sicuramente questo è (o poteva essere) un film necessario per ribaltare non solo il concetto di identità sessuale, ma anche di appartenenza filiale e, in senso più ampio, per dar luce ad un segmento della società troppo spesso dimenticato dal Cinema che conta. 
Incensato dalla critica statunitense e unico vero contendente ai prossimi Oscar contro il superfavorito "La La Land", il film è tratto da una pièce teatrale e beneficia di ottime performance da parte di Naomie Harris e Mahershala Ali (entrambi nominati come attori di supporto), anche se i giovani interpreti che si alternano nel ruolo di Chiron rubano letteralmente la scena.

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