venerdì 23 dicembre 2016

Captain Fantastic


Probabilmente il film più bello dell'anno visto finora, "Captain Fantastic" di Matt Ross (sia regista che sceneggiatore) è uno di quei rari casi in cui la semplicità di linguaggio si sposa perfettamente ad un tema altamente spinoso: la scelta di vita tutt'altro che accomodante di un padre vedovo e dei suoi sei figli. Decisione estrema, radicale, di abbandono delle comodità della vita odierna al fine di privilegiare lo spirito rispetto alla materia (e al materialismo), l'intelletto e la conoscenza alla mera rassegnazione di una vita agiata e piena di comfort.
Ma siamo proprio sicuri che lo scollamento dall'opulenza e dal conformismo del XXI secolo non sia altrettanto esecrabile e intrinsecamente poggiato sull'egoismo di una scelta univoca, calata dall'alto su ragazzi inconsapevoli, tanto quanto la detestata religione o il lifestyle americano che rende tutti obesi, ciechi e intolleranti?
Questa è la coraggiosa domanda che si pone il film, e altrettanto coraggioso è il modo di affrontarla: con una delicatezza e una leggerezza spiazzanti, fin dalla prima inquadratura all'ultima, emozionante, chiusura su una famiglia che definire sui generis è un eufemismo.
Con grande intelligenza il regista pone il protagonista (un grandissimo e misurato Viggo Mortensen, candidato al Golden Globe e al SAG Award) e, di riflesso, il pubblico, di fronte al dilemma di esaminare pro e contro di una scelta che per certi versi può apparire ammirevole, non fosse altro per la quantità di nozioni e saperi appresi dai ragazzi (interpretati da un cast di giovanissimi da applausi a scena aperta, la scena sulla Dichiarazione dei diritti vale da sola l'intero film) nonostante non frequentino un regolare percorso di studi, ma che inevitabilmente si dovrà scontrare con il "mondo reale".
Le trappole potevano essere molte, su tutte il ricatto emozionale e la facile condanna di uno o l'altro modo di vivere, ma sono sapientemente evitate; ciò che ci viene restituita è un'opera sentita, lacerante e disperata ma al tempo stesso intrisa di poetica dolcezza, due facce di una stessa medaglia (proprio come il padre Ben, sia brutale che sensibile) in cui alla fine prevale l'unione di una famiglia, diversa ma uguale a tutte le altre, con i suoi drammi, le sue disfunzionalità e soprattutto, come dovrebbe essere, con l'amore che la unisce e la riconcilia col mondo. Esemplificativa e da brividi la scena di "Sweet Child O' Mine" cantata dai ragazzi in cerchio durante la "cremazione" della madre.

lunedì 12 dicembre 2016

Ne Vedremo delle Belle, Si Apre la Stagione dei Premi


Con i premi della Broadcast Film Critics Association (comunemente detti Critics' Choice Awards) anticipati a dicembre, e le nomination ai Golden Globe Awards svelate questa mattina, la stagione dei premi entra ufficialmente nel vivo - per la gioia del sottoscritto - e si preannuncia un anno di grandi pellicole e performances.


Se i più quotati finora paiono essere "La La Land" di Damien Chazelle (Miglior Film e Miglior Regia, tra gli altri, proprio ai Critics' Choice Awards della notte scorsa) e "Moonlight" di Barry Jenkins, nella folta mischia dei film che si contenderanno l'incoronazione finale agli Academy Awards il 26 febbraio prossimo, possiamo notare opere di grande spessore e di generi trasversali (musical, war movie, western, fantascienza, noir e thriller), molte delle quali provenienti (e in alcuni casi vincitrici) dai vari festival, che siano essi Cannes, Toronto, Roma, Sundance, i quali tracciano ancora linee guida ben definite sull'andamento cinematografico mondiale.
Vecchia guardia e ritorni di gloria come "Hacksaw Ridge" del redivivo (ex) reietto di Hollywood Mel Gibson, della prova registica di Denzel Washington con "Fences", dell'atteso nuovo Scorsese con "Silence" e dell'ottuagenario Clint Eastwood con l'acclamato "Sully", vanno ad incrociarsi ai talenti della new Hollywood, in primis quel Damien Chazelle che già con "Whiplash" aveva centrato i cuori di critica e pubblico nel 2014; Denis Villeneuve con la fantascienza filosofica di "Arrival"; i semi-sconosciuti Kenneth Lonergan (era lo sceneggiatore di "Gangs of New York", per dirne uno), Barry Jenkins, alla seconda opera da regista e sceneggiatore, e l'indipendente David Mackenzie di "Hell or High Water". Per non dimenticare Jeff Nichols con il dramma sullo scontro razziale "Loving", Tom Ford e il suo ottimo "Animali Notturni" e l'australiano Garth Davis che esordisce sul grande schermo con "Lion"
Sulla carta, tutti loro firmano film coraggiosi, esteticamente appaganti, non allineati con gli stereotipi dell'establishment hollywoodiano e che fanno ben sperare in una stagione di grandi emozioni e, perché no, di riflessioni.
Che si srotolino i Red Carpets, via ai flash e ai discorsi di ringraziamento estenuanti, ai finti sorrisi degli sconfitti e al glamour più ostentato: It's Awards Season!

lunedì 21 novembre 2016

Animali al Cinema: Fantastici o Notturni?

"Animali Fantastici e Dove Trovarli", nuova creatura partorita dalla miniera d'oro targata J.K. Rowling che riporta il pubblico nell'universo potteriano, e "Animali Notturni", seconda opera da regista di Tom Ford, Gran Premio della Giuria all'ultimo Festival di Venezia.


Due pellicole diversissime per genere, temi ed estetica, entrambe attualmente al cinema in questo autunno finora piuttosto povero di grandi sorprese.
La prima, che renderà felici gli "orfani di Hogwarts", si presenta con un'ottima confezione che spiana la strada agli altri 4 già annunciati sequel. 
Che si sia fan o meno del maghetto occhialuto, il mix di azione e fantasy è godibile, merito di un regista, David Yates (suoi i capitoli 5, 6 e 7 dei film di Harry Potter), ormai a suo agio nel trasporre in immagini le parole della Rowling (qui anche sceneggiatrice), che ci immerge immediatamente nelle atmosfere della New York anni '20, perfettamente ricostruita, epoca di proibizionismo e "caccia alle streghe", disseminata da creature, appunto, fantastiche, e tensioni tra maghi e "babbani" (qui divenuti "no-mag") pronte a esplodere soprattutto dopo che l'oscuro Gellert Grindelwald semina panico e distruzione.
Sfortunatamente i punti deboli del film sono i due protagonisti principali, Eddie Redmayne e Katherine Waterston, rispettivamente Newt Scamander e Tina Goldstein: il primo, magizoologo dall'andatura sbilenca, risulta monocorde e non particolarmente carismatico, pur essendo il centro nevralgico della storia. Poco o niente viene rivelato di lui, probabilmente anche in vista degli episodi successivi, e la chimica con la sua co-protagonista latita. Stesso discorso, o peggio, per la Waterston, incapace di incisività e di rendere affascinante il suo personaggio, sulla carta combattivo e combattuto, che in definitiva risulta scialbo e quasi fastidioso. 
Fortuna per i comprimari, in particolare il no-mag pasticciere Jacob e la sorella di Tina, Queenie, a cui toccano i momenti più divertenti del film. Convincenti anche Colin Farrell, nei panni dell'ambiguo Percival Graves, ed Ezra Miller, abbonato ai ruoli borderline, che interpreta l'inquietante Credance. Eccessivamente diluito in alcune scene, a discapito del ritmo, ma in definitiva promosso e il biglietto per il capitolo successivo nel 2018 è già prenotato.
"Animali Notturni" di Tom Ford, che torna dietro alla macchina da presa dopo una pausa di 7 anni ("A Single Man" era del 2009) è invece un potente thriller a tinte fosche, un noir di ispirazione quasi lynchiana, a partire dalla sequenza d'apertura, ipnotica e grottesca, che poi si capirà essere l'installazione artistica curata dalla protagonista Susan, interpretata da un'ottima Amy Adams
Ford predilige per i suoi interpreti dei profondi primi piani, scruta ogni dettaglio, ruga o espressione con una mano più sicura e convincente rispetto all'opera d'esordio. La sua cifra stilistica è sempre forte (la provenienza dal mondo dell'alta moda si avverte), ma qui viene destrutturata e messa al servizio di una narrazione a più livelli, il cui fulcro è però la vendetta fredda e spietata di uno scrittore per l'ex moglie. Disturbante e invasiva la parte relativa al Texas, che assume un registro più grezzo quasi da pellicola western, lucida e fredda quella riguardante le vicende di New York: in entrambi i piani narrativi si ha la sensazione di un'urgenza di riscatto dei protagonisti, di stravolgimento della propria esistenza, in modi chiaramente divergenti, ma ugualmente brutali.
Meritatissimo il premio al Festival di Venezia, che ha riconosciuto il valore dell'opera di Ford (anche sceneggiatore e produttore) oltre l'elemento voyeuristico fine a se stesso, per essere un esame spietato della società umana. 
Jake Gyllenhall conferma, se ce ne fosse ancora bisogno, di essere uno tra i migliori attori della sua generazione, e mi chiedo quanto ancora dovrà aspettare per essere riconosciuto dall'Academy, mentre Michael Shannon è nuovamente splendido caratterista, capace di infondere ai suoi personaggi a prima vista monodimensionali una linfa vitale che strappa l'applauso. Eccezionali la fotografia di Seamus McGarvey che dà luce ai due mondi contrapposti restituendo un forte impatto visivo, e le musiche "inquietanti" e accattivanti di Abel Korzeniowski.

mercoledì 26 ottobre 2016

Inferno - Il Film

Premessa fondamentale: chi ha letto il romanzo di Dan Brown prima di vedere il film, partiva sicuramente sull'attenti; chi come me lo ha pure amato, arrivava al cinema a dir poco prevenuto, visti anche i tristi trascorsi - come dimenticare la tremenda trasposizione de "Il Codice da Vinci"?


Squadra che vince (al box office) non si cambia, e quindi ecco nuovamente Ron Howard dietro la macchina da presa e Tom Hanks nei panni del Professor Robert Langdon, esperto di simbologia, stavolta alle prese con nientepopodimeno che Dante e la sua celeberrima opera, sperduto e tramortito in quel di Firenze.
Inutile sottolineare le differenze rispetto all'opera cartacea, perché sono ovviamente molte, soprattutto nel finale, ma concorrono solo in parte alla non completa riuscita di questa pellicola. Che in verità inizia molto bene, con una buona dose di azione e spaesamento del protagonista e, quindi, del pubblico. Vincenti la fotografia e il montaggio serrato, che rendono la cornice di Firenze meno "da cartolina" del previsto, nonostante ogni luogo visitato dai protagonisti sia dettagliatamente trascritto - attendiamoci un'impennata turistica senza precedenti.

martedì 25 ottobre 2016

"Joanne" is the New Gaga

Attesissimo, a lungo annunciato, rinviato, lontano da indiscrezioni e quasi top secret rispetto ai proclami dell'era "ARTPOP" (che in ultima analisi furono controproducenti): era naturale che molta curiosità ci fosse intorno al nuovo album di Lady Gaga che, escludendo il progetto jazz "Cheek to Cheek" insieme a Tony Bennett del 2014, arriva a tre anni di distanza dal suo ultimo disco di inediti.


Già a partire dal singolo di lancio "Perfect Illusion", eravamo sicuri di trovarci di fronte ad una Gaga meno dance/pop e più attenta a chitarre e sonorità rock. L'ulteriore conferma del cambio di rotta ce l'ha data l'ascolto (ormai assiduo) dell'album "Joanne" uscito il 21 ottobre scorso, sul cui titolo la cantante ha già fornito ampie spiegazioni (oltre ad essere il suo secondo nome).
Qualcuno potrà storcere il naso, indignarsi persino per lo sconfinamento in un genere più "country", oppure rimpiangere la Gaga delle hit patinate, ma i veri fan potranno solamente gioire della 'nuova' veste di Miss Germanotta, perché in effetti così inedita proprio non lo è: ricordiamo che prima di "The Fame" e del successo planetario, Gaga era semplicemente Stefani, adolescente italo-americana leggermente sovrappeso che si esibiva nei locali fumosi e underground della Grande Mela con una tastiera e la pila di canzoni scritte di suo pugno cercando disperatamente l'agognata celebrità.
Quindi non ci ha scioccati molto vederla esibirsi nello stesso locale di 15 anni fa, chitarra in mano e cappello da cowboy d'ordinanza, accompagnata da una rock band che potrebbe far invidia a Bruce Springsteen. Alla fine, tolti gli stivali armadillo, gli eccessi e le parrucche, è la stessa Gaga di sempre, solo che stavolta ha scavato molto più a fondo, fino a ritrovare la sua essenza e, grazie al fidato Mark Ronson, produttore di spicco e co-autore di quasi tutti i testi, ha sfornato uno degli album più belli della sua carriera, senza se e senza ma.

martedì 20 settembre 2016

Emmy 2016: Trionfo "Game of Thrones" Che Entra Nella Storia

Rispettando tutti i pronostici, "Game of Thrones" è, per il secondo anno consecutivo, la miglior serie drammatica del 2016. Stesso risultato per "Veep" nella categoria Comedy, mentre "The People vs O.J. Simpson - American Crime Story" vince tra le miniserie.


Questi i principali risultati della 68esima edizione degli Emmy Awards, gli Oscar televisivi assegnati la scorsa notte a Los Angeles, con Jimmy Kimmel mattatore della serata, anche se tralasciando la godibile introduzione e un paio di battute contro Donald Trump, niente di memorabile nella sua conduzione.
La vera notizia è che "Il Trono di Spade" entra nell'Olimpo delle serie tv in quanto, con le vittorie di questa edizione (12, per la precisione, tra cui Regia e Sceneggiatura), estende il suo bottino a 38 premi totali, battendo "Frasier" e le sue 37 statuette e divendendo lo show più premiato della storia della TV americana.

venerdì 16 settembre 2016

Il Ritorno Vincente di "American Horror Story 6"

Dopo mesi di speculazioni e finti teaser trailers, ieri sera con la messa in onda del primo episodio "Chapter 1" è stato finalmente svelato il tanto atteso "tema" della nuova stagione di American Horror Story: "My Roanoke Nightmare".


In realtà ancora parecchia ambiguità avvolge la nuova storyline, ma sappiamo con certezza che si ispira alla misteriosa scomparsa della colonia americana di Roanoke, avvenuta nel 1590.
Girata sottoforma di ricostruzione documentaristica stile "real tv" (trovata che il sottoscritto ritiene azzeccatissima), fin da subito capiamo il cambio di rotta della nuova serie di Ryan Murphy che, dopo il mezzo passo falso di "Hotel" e il successo dell'ottimo "The People Vs O.J. Simpson", ha probabilmente voluto tornare alle origini del termine 'horror', sbarazzandosi delle pesanti sovrastrutture estetiche/barocche che avevano inficiato i suoi lavori precedenti (soprattutto, ma non solo, la quinta stagione con il suo Hotel Cortez, appunto).

martedì 23 agosto 2016

"Stranger Things": Quando l'Effetto Nostalgia è Vincente

Stephen King che incontra Spielberg che incontra "I Goonies": ad un primo sguardo, potrebbe essere riassunta così la nuova serie gioiellino di Netflix, che fa dell'effetto nostalgia per gli Anni '80 la sua arma vincente. 


Sapiente mix di fantascienza, horror e racconto di formazione adolescenziale, sin dai titoli di testa "Stranger Things" non nasconde l'esplicito binomio citazione/omaggio al decennio edonistico per eccellenza, che ha probabilmente sfornato il miglior prototipo di cinema action/fantasy e che già "Super 8" di J.J. Abrams aveva ampiamente "saccheggiato" (e difatti molte delle ambientazioni e dei personaggi sembrano provenire dalla pellicola del 2011 - non fosse altro per il cameratismo dei quattro giovani protagonisti, che a sua volta rimanda a "Stand By Me").
Gli ingredienti ci sono tutti: la classica sonnolenta provincia americana; un gruppo di preadolescenti super nerd e sbeffeggiati a scuola, che traggono forza dalla reciproca amicizia, dai fumetti e dai giochi di ruolo; la sorella maggiore di uno di loro, con le prime pulsioni sessuali; un capo della polizia perseguitato da demoni personali; una mamma single con figli a carico ("E.T." ci sei?) e, soprattutto, un mistero che coinvolge (presumibilmente) enti governativi, esperimenti, alieni e al centro una strana ragazzina con poteri telecinetici.


Completano il quadro una regia impeccabile e personaggi abilmente caratterizzati e "familiari", che trascinano immediatamente lo spettatore in un'atmosfera nostalgica (anche la colonna sonora la fa da padrona, dai Clash ai Toto, ecc.), con rimandi più o meno nascosti (notare la locandina de "Lo Squalo" in camera di Will) e una suspence vecchio stile. 
Non è un caso se la serie è stata lodata dalla critica, divenendo un fenomeno virale ancor prima della messa online, e verrà sicuramente rinnovata per una seconda stagione, dato l'incredibile successo di pubblico dovuto in larga parte al passaparola.
Infine, ma non per importanza, vogliamo parlare del tanto atteso ritorno di Winona Ryder a un prodotto mainstream? "L'appestata" più famosa di Hollywood ci era molto mancata, ed è un piacere rivederla in un ruolo di rilievo. Doveva pensarci Netflix ovviamente, ma questa è un'altra storia.

giovedì 14 luglio 2016

Nominations Emmy Awards 2016: Game of Thrones Guarda Tutti Dall'Alto

Annunciate oggi alle 08.30 (ora di Los Angeles), le nominations della 68esima edizione dei prestigiosi Emmy Awards, come da pronostico, vengono sbancate dalla sesta strabiliante stagione di "Game of Thrones" con ben 23 candidature.


Addirittura 5 gli attori menzionati: i "veterani" Peter Dinklage (sesta nomination e già due premi in saccoccia, nel 2011 e nel 2015), Emilia Clarke e Lena Headey (terza nomination per entrambe) accolgono le "new entry" Kit Harington e Maisie Williams (la più inaspettata tra la rosa di candidati), ovviamente tutti nelle categorie di supporto. C'è persino Max Von Sydow a.k.a. il Corvo a Tre Occhi, nominato come Miglior Guest Star. Un plebiscito che è la conferma di come la serie HBO, al suo sesto anno di vita, sia uno dei pochi show in circolazione a migliorare di stagione in stagione, in evidente controtendenza rispetto al trend televisivo: anziché perdere fette di pubblico, attrae un numero sempre maggiore di telespettatori e continua a macinare record di share. E di premi.

mercoledì 22 giugno 2016

Auguri Meryl Streep! I Miei 5 Ruoli Preferiti

Il 22 giugno 1949 nasceva Mary Louise Streep, quintessenza dell'arte recitativa, attrice e donna di rara abilità ed eleganza sia nello scegliere i ruoli da interpretare sul grande schermo che nel condurre una vita privata lontana da riflettori ed eccessi del jet set.






















Incensata immediatamente dall'establishment hollywoodiano, vinse i primi due Oscar della sua carriera (rispettivamente nel 1980 per "Kramer contro Kramer" e nel 1983 per "La scelta di Sophie") nel giro di un lustro dal suo debutto, avvenuto nel 1977 nel film "Giulia", ma paradossalmente faticò non poco per convincere i critici più ostinati che la bollavano come "eccessivamente tecnica", "glaciale" e maniacale nel ricreare accenti e dialetti al fine di aderire maggiormente al personaggio (tra i più celebri, il polacco dell'ebrea Sophie oppure quello australiano per "Un grido nella notte").
Famosa per le sue doti camaleontiche, che l'hanno portata a interpretare praticamente qualsiasi personaggio dello scibile umano (persino un vecchio e barbuto rabbino nella miniserie televisiva "Angels in America"), diventa un tutt'uno col ruolo al punto da imparare il rafting per il film "River Wild" oppure a suonare il violino per "Music of the Heart". Per non parlare delle sue eccellenti doti canore mostrate in "Mamma Mia!", "Into the Woods" e "Radio America".
E' probabilmente l'unica attrice over 60, nella maschilista e gerontofoba Hollywood, a ottenere ancora ruoli di richiamo, attenzione da parte della stampa e riconoscimenti dagli addetti ai lavori, vista anche la quasi certa nomination n° 20 ai prossimi Oscar (record assoluto) per il film "Florence Foster Jenkins", in autunno nelle sale italiane.
Impossibile riassumere in una classifica le sue interpretazioni migliori, quindi sceglierò le 5 che più mi sono rimaste nel cuore e ancora oggi non smetto di amare e ammirare.

martedì 7 giugno 2016

Sex & The City: 18 Anni e Non Sentirli


Da quel fatidico 6 giugno 1998, data della messa in onda dell'episodio pilota a opera dell'audace rete HBO ("all'epoca", far parlare 4 donne single over 30 di sesso e affini non era così frequente sul piccolo schermo), "Sex & The City" non ha risentito affatto del peso degli anni, tutt'altro. Ancora oggi attuali come non mai, le tematiche e le situazioni sdoganate dal serial cult divennero una sorta di Vademecum delle relazioni del nuovo millennio.

Come dimenticare gli infiniti tira e molla tra Carrie e Mr. Big, le lezioni di fellatio di Samantha, il cinismo imperante di Miranda oppure l'irriducibile romanticismo di Charlotte? Quattro archetipi di donne, di caratteri, di modi di intendere i rapporti (amorosi o meno) nella Grande Mela, quinta vera protagonista indiscussa.

La prima puntata fu probabilmente anche la meno riuscita, perché ancora in evidente fase di rodaggio e di scostamento dal (sopravvalutato) romanzo di Candace Bushnell al quale si ispirava. Il personaggio di Carrie Bradshaw di lì a poco abbandonò fortunatamente la fastidiosa abitudine di parlare direttamente in camera, e ci si concentrò più sui personaggi e le loro psicologie.

Il punto qualitativamente più alto si raggiunse con la terza e la quarta stagione, impareggiabili, che diedero maggior spazio e spessore all'uragano Samantha Jones e alla sottovalutata Miranda Hobbes, tra i personaggi più affascinanti e sorprendenti della serie e non solo.

Tantissimi i premi vinti, tra cui 7 Emmy Awards (Sarah Jessica Parker e Cynthia Nixon lo ottennero entrambe nel 2004 per la sesta e ultima stagione) e 8 Golden Globe Awards (la Parker ne vinse ben 4 da protagonista mentre Kim Cattrall, incredibilmente, solo uno), per 94 puntate complessive, imprescindibili per ogni fruitore di telefilm o qualsivoglia essere umano del mondo occidentale nato alla fine del Novecento.
Lapalissiano consigliare, a chi non l'avesse ancora fatto, di correre ai ripari e recuperare una delle migliori e importanti serie tv mai realizzate. 



mercoledì 1 giugno 2016

Julieta

Sulla Croisette i giornali di tutto il mondo hanno titolato: "Almodóvar torna alle origini con una storia di donne sofferenti". L'accoglienza riservata alla nuova fatica del cineasta spagnolo al recente Festival di Cannes, dove era in concorso, non è stata però delle più calorose.

Dopo la parentesi deludente del demenziale "Gli amanti passeggeri" e del thriller psicologico "La pelle che abito" (a parer mio più che convincente), c'era molta aspettativa per questo film che riuniva i temi cari al regista: il lutto, la perdita e personaggi femminili posti di fronte a sfide insormontabili.
"Julieta" è fondamentalmente un'opera sul delicato e difficile rapporto tra una madre e una figlia, che gioca su continui flashback e ricostruzione a incastro degli eventi, come già succedeva ne "Gli abbracci spezzati".


La vita di una donna in un lasso di tempo di 30 anni, tra segreti e foto strappate, viene riassunta nell'immagine iniziale: un vestito rosso fuoco che "respira", un cuore pulsante di lì a poco impresso sulla pelle del suo amato e lacerato dalle ferite di un incidente mortale.

Marilyn Monroe: 5 Ruoli Indimenticabili di una Diva Triste

Il 1° giugno del 1926 nasceva a Los Angeles Norma Jean Mortenson, figlia di una montatrice degli studios RKO con disturbi mentali. Dall'infanzia travagliata, agli eccessi di stupefacenti, ai ricoveri in ospedale fino alla misteriosa morte intorno alla quale pare gravitassero persino i servizi segreti e la mafia, si è scritto di tutto e anche di più sul mito di Marilyn Monroe, vera incarnazione della diva di Hollywood a tutti gli effetti.
Spesso ci dimentichiamo che, tolte tutte le sovrastrutture mediatiche, andando oltre al personaggio eccentrico che cantava "Happy Birthday" in evidente stato di ubriachezza al Presidente JFK e alle famigerate "5 gocce di Chanel", Marilyn era un'attrice di tutto rispetto.




Naturalmente non tutti i suoi film possono essere annoverati tra i migliori della storia, e il cliché dell'oca bionda stupida l'avrebbe perseguitata in eterno imprigionandola erroneamente nell'immaginario collettivo come bomba sexy senza cervello. Riguardando oggi le sue pellicole, ci rendiamo conto di quanta tristezza si celasse dietro ai suoi occhi splendenti e ai suoi sorrisi forzati.
A 90 anni dalla nascita, vorrei ricordare i 5 ruoli che preferisco in altrettanti film che l'hanno resa celebre e, soprattutto, fatta risplendere nell'olimpo delle star come interprete di prima grandezza.

mercoledì 25 maggio 2016

Mr. Robot: Arriva la 2° Stagione

Recuperata la prima stagione appena in tempo, ecco arrivare il trailer della Season Two di "Mr. Robot" (qui per vederlo), sicuramente una delle migliori serie debuttanti del 2015.


Grazie al suo mix di attualità, tecnologia e instabilità dello splendido protagonista Elliot Alderson (un bravissimo Rami Malek dallo sguardo ipnotico, impossibile non amarlo), i primi 10 episodi dello show hanno subito incantato spettatori e critici (2 Golden Globes e 2 Critic's Choice Awards vinti finora): avanguardia tecnica e temi spinosi, scrittura e regia di primo livello (il creatore Sam Esmail firma anche script e direzione di alcuni episodi), scelte non conformiste a livello di personaggi e narrazione (la filosofia anarchica che contraddistingue gli hacker protagonisti poteva facilmente venire banalizzata o, peggio, "canonizzata"), colpi di scena a non finire. 
Tutto questo ci rende estremamente impazienti in vista del 13 luglio prossimo, quando appunto debutterà la nuova stagione che, a giudicare dai primi fotogrammi, ci mostra Elliot in una situazione psicologica ancor più precaria, mentre l'attacco sferrato dalla "fsociety" ha devastanti conseguenze a livello globale, tanto da spingere persino il Presidente Obama a far chiarezza sugli avvenimenti. Tutto può accadere.
"Control is an Illusion".

lunedì 23 maggio 2016

La Bella e la Bestia live-action: Primo Teaser Trailer

Premessa: il cartoon "La Bella e la Bestia" del 1991 è il mio classico Disney preferito. Un pilastro dell'animazione, corredato da una colonna sonora indimenticabile e da personaggi cult.
Il continuo trend della Casa di Topolino nel voler trasporre in versione live-action apparentemente tutti i suoi film animati ("Il libro della giungla" è solo l'ultimo della lunga, e redditizia, lista) mi ha sempre fatto storcere il naso, anche se in alcuni casi, vedi "Cinderella", i risultati sono stati discreti.
Adesso è il turno del passo da gigante: mettere le mani sul classico per eccellenza, uno tra i più amati dai fan, che inevitabilmente si sono divisi.


Gli scettici come me hanno guardato quindi oggi al primo teaser trailer con un misto di timore e (ovvia) curiosità, conditi a tanta speranza. Il sottofondo musicale e la frase "Be Our Guest" non possono che farci emozionare e, a parte la discutibile scelta di Emma Watson nella parte di Belle, il cast è di primo livello: Ewan McGregor nei panni di Lumière, Emma Thompson in quelli di Mrs. Bric, Ian McKellen sarà Tockins e Kevin Kline interpreterà Maurice, solo per citarne alcuni.
Appuntamento dunque al 17 Marzo 2017, data dell'uscita in sala, e vedremo se saranno gioie o dolori.


venerdì 20 maggio 2016

Grey's Anatomy: Sara Ramirez Lascia Lo Show

Un altro pilastro di "Grey's Anatomy" dice addio alla serie: Sara Ramirez, l'attrice che interpreta(va) la Dott.ssa Calliope Torres fin dalla seconda stagione del medical drama più famoso e (quasi) più longevo della televisione, ha messo fine al suo percorso e non tornerà l'anno prossimo per la tredicesima stagione.


Di fatto, è l'undicesimo "series regular" a uscire di scena, e il terzo di fila dopo che Sandra Oh (Cristina Yang) e Patrick Dempsey (Derek Shepherd) avevano lasciato la serie rispettivamente alla fine della decima e undicesima stagione.
La strage continua insomma, con solo quattro protagonisti del cast originario del 2005 a rimanere all'interno del maledetto "Grey-Sloan Memorial Hospital": oltre alla protagonista Ellen Pompeo alias Meredith "mainagioia" Grey, resistono Justin Chambers (Alex Karev), Chandra Wilson (Miranda Bailey) e James Pickens, Jr. (Richard Webber).
Coglie relativamente di sorpresa questo abbandono, le cui voci circolavano in rete già dalla fine di Aprile; nonostante ogni anno siano incerte le sorti dei contratti degli attori, per non parlare del sadismo di Shonda Rhimes nel far morire qualsiasi personaggio in maniera random, Callie era un caposaldo dello show e negli anni era entrata nel cuore di molti, sottoscritto compreso. Ma mai abbassare la guardia! 
Ciò che lascia perplessi e con l'amaro in bocca è stato il modo con il quale si è scelto di congedarla dal pubblico: nel finale di stagione "Family Affair", andato in onda ieri sera in USA, l'attrice compare solamente negli ultimi 5 minuti dell'episodio, quando Arizona le concede l'affidamento congiunto della figlia Sofia permettendole quindi di raggiungere l'amata Penny a New York. Abbraccio, lacrimuccia e stop.
Possiamo dirlo: troppo poco per un personaggio del genere. Annunciato o meno, l'addio doveva e poteva essere fatto in maniera differente, che potesse risarcire i fan e mettere la degna parola fine al percorso di un elemento del cast così importante. Per fare un paragone, non ho trovato molte differenze dall'addio all'inutile specializzanda Leah Murphy, di cui nessuno si rammaricò.
Ricordiamola così, con uno dei momenti più famosi della sua storia a "Grey's Anatomy": l'episodio n. 18 della settima stagione, "Song beneath the Song", che divise molti per la sua natura "musical", ma che rese giustizia al talento di Sara Ramirez (attrice di Broadway già vincitrice di un Tony Award) con una grande prova attoriale e canora, in una delle scene più drammatiche e intense della serie.
Goodbye Callie! E speriamo sia solo un Arrivederci.



giovedì 19 maggio 2016

I 10 Momenti Migliori: Will & Grace

Esattamente 10 anni fa, il 18 maggio 2006 andava in onda sulla NBC il 194° e ultimo episodio di "Will & Grace", che dopo 8 stagioni dava definitivamente addio ai telespettatori e alle stravaganti avventure dei suoi quattro protagonisti.



La serie iniziò nel 1998 e divenne subito un clamoroso successo di pubblico e critica (tutti e quattro gli interpreti, Eric McCormack, Debra Messing, Megan Mullally e Sean Hayes vinsero il prestigioso Emmy Award nelle rispettive categorie), portando una piccola grande rivoluzione nell'universo delle sit-com: due personaggi (di cui uno protagonista) dichiaratamente gay, in prima serata. E per coloro ormai abituati ai baci omosex nei balletti di "Amici" di Maria, ricordiamo che erano gli anni '90, in America l'amministrazione Clinton aveva approvato l'infamante decreto "Don't Ask Don't Tell" e gli unici personaggi omosessuali famosi fino a quel momento al cinema erano i malati di AIDS in "Philadelphia" o le drag queen di "Priscilla, la Regina del Deserto".
"Will & Grace", con un sapiente mix di romanticismo e amicizia (il vero fil rouge della serie), umorismo slapstick e battute fulminanti, portò una ventata di freschezza in tv sdoganando la tematica omosessuale senza farne una causa militante o uno stendardo, ma sempre strappando un sorriso e con una buona dose di autoironia, essenziale per la riuscita dello show. 
Altra arma vincente fu il cast perfetto, che oltre ai già citati Favolosi Quattro schierava la leggendaria cameriera salvadoregna Rosario (alias Shelley Morrison) e, negli anni, una schiera di succosissime guest star, tra cui Debbie Reynolds (nei panni della mamma di Grace), Jennifer Lopez, Michael Douglas, Madonna, John Cleese e Sydney Pollack, solo per citarne alcuni.
Impossibile fare una lista dei migliori momenti della serie, che ha segnato la mia adolescenza in maniera indelebile, ma cercherò di fare un degno "decalogo" delle scene a parer mio più divertenti e importanti:

La Pazza Gioia

Dopo la parentesi brianzola del pluripremiato "Il Capitale Umano" (7 David di Donatello tra cui Miglior Film), Paolo Virzì torna a girare nella natia Toscana tratteggiando con l'inconfondibile tocco scanzonato e sensibile il ritratto di due donne, Beatrice e Donatella, lontane anni luce l'una dall'altra per provenienza sociale e storia clinica, rinchiuse in una comunità per malati psichiatrici e del loro "diritto all'euforia", alla felicità.


La fuga delle due pazienti (una strabordante Valeria Bruni Tedeschi e una sofferta Micaela Ramazzotti), novelle Thelma & Louise sotto antidepressivi, innesca una sequela di avvenimenti e situazioni al contempo esilaranti e amare, da sempre cifra stilistica del regista-sceneggiatore (qui la firma è assieme a Francesca Archibugi), che ci accompagnano in punta di piedi all'interno delle loro psicosi, dei loro caratteri amplificati, cercando di dare un senso (senza facili ricatti morali) alle loro azioni, per quanto esecrabili esse siano. 
Qui sta la scelta vincente della pellicola: farci conoscere Beatrice e Donatella in primis come donne, con le loro idiosincrasie, le loro turbe mentali, ovviamente, ma scevre dalle loro sentenze e pene giudiziarie, semplicemente per quello che sono, non per ciò che hanno fatto.
Impariamo così ad amarle senza riserve, evitando nella seconda metà del film di puntare il solito odioso dito.
Virzì ci riesce ancora una volta, con la sua leggerezza poetica, il suo amore per i personaggi femminili "ai margini", per la voglia di vivere (e di Cinema) che pervade ogni suo opera, questa senza esclusione.

lunedì 16 maggio 2016

Twin Peaks: Perché Recuperare una Serie TV Cult

Ci sono momenti nella vita di un "TV Series Addicted" in cui scatta automatico e imprescindibile l'obbligo di riscoprire i Grandi Classici dei cosiddetti telefilm (quando ancora appunto li chiamavamo così) che hanno posto le basi per le odierne serie TV che tutti noi idolatriamo.
Grazie al suo inevitabile "dover stare al passo con Netflix", Sky Atlantic ripropone dalla scorsa settimana tutti e 30 gli episodi della creatura seriale ideata, scritta e diretta (per la maggior parte) da David Lynch, approdata nel 1990 sul piccolo schermo e divenuta fin da subito un vero e proprio fenomeno di costume, con quel tormentone "Chi ha ucciso Laura Palmer?" che toglieva il sonno agli ignari telespettatori (ai livelli sociologici di "Chi ha sparato a JR?" negli anni '80, per dire) e, soprattutto, che sdoganò il thriller psicologico in prime time rivoluzionando di fatto il linguaggio televisivo negli anni a venire.


La sonnolenta provincia americana, come nei migliori romanzi di Stephen King, viene destabilizzata da un evento traumatico (una ragazza 17enne, Laura Palmer, trovata senza vita avvolta in un sacco di plastica, completamente nuda, il cui volto che campeggia sulla locandina è rimasto impresso per sempre nell'immaginario collettivo), perfetto pretesto per raccontarne gli scandali, le morbose perversioni e i segreti celati dietro alle facciate imbiancate. Senza "Twin Peaks" non avremmo mai avuto "Desperate Housewives", la sua versione più edulcorata e rassicurante.
Zeppo di scene cult, personaggi intriganti, humour nero, un cast di tutto rispetto e quella colonna sonora ipnotica firmata da Angelo Badalamenti che difficilmente si dimentica, "Twin Peaks" è, come si suol dire, invecchiata benissimo e va necessariamente riscoperta, non solo per chi ama il genere thriller poliziesco (a una "lettura" superficiale perlomeno) ma per chi ama il Genere TV. Punto.
A distanza di 26 anni dalla prima messa in onda non ha perso un briciolo del suo fascino, mantenendo l'atmosfera grottesca, disturbante e provocatoria che lo contraddistinse all'epoca. Aspettando il sequel annunciato per il 2017.


giovedì 24 marzo 2016

Bridget Jones's Baby: Trailer Ufficiale

A distanza di 12 anni dal secondo capitolo, la single britannica coi mutandoni della nonna più amata del cinema torna con un nuovo film, in uscita in autunno.
Primo trailer ufficiale per "Bridget Jones's Baby", che ci mostra una Renée Zellweger non più sottoposta ad un folle ingrassamento come le due volte precedenti (anche perché a 46 anni il metabolismo griderà vendetta), ma nel frattempo passata sotto al bisturi del chirurgo plastico!
Con la new entry Patrick Dempsey, al secolo Dott. Stranamore di Grey's Anatomy, a riempire il vuoto lasciato da Hugh Grant nel triangolo con Bridget e Darcy, le aspettative su questo film possono solo essere due: rinfrescante ritorno o boiata pazzesca, visto anche il notevole lasso di tempo intercorso e il rischio di disaffezione da parte del pubblico. 
P.S.: grande gioia per il cameo di Emma Thompson!



martedì 22 marzo 2016

David di Donatello 2016: Le Candidature

Annunciate per la prima volta live in pompa magna (con un doveroso riferimento ai recenti tragici attentati di Bruxelles) in "perfetto" stile Academy Awards, dall'ormai coppia di fatto di Sky Cinema Francesco Castelnuovo e Gianni Canova (che andranno insieme pure dal dottore), le nominations dei 60° David di Donatello (qui la lista completa) mostrano un bello spettro di pellicole che rendono orgoglioso il nostro cinema.



sabato 19 marzo 2016

Il Film della Settimana: "Mommy"

Raramente un film riesce ad avere uno sguardo lucido e spiazzante, e al contempo squisitamente poetico, come "Mommy" (presentato al Festival di Cannes nel 2014 dove vinse il Premio della Giuria), quinto lungometraggio dell'enfant prodige canadese Xavier Dolan (classe 1989), la cui giovane età non lo esime dall'avere un tocco personalissimo ed una mano esperta più di tanti suoi sedicenti "navigati" colleghi.


Nel costruire il rapporto amore-odio tra una madre e il figlio con gravi disturbi comportamentali, egli compie quasi un miracolo moderno: fa puro Cinema. Mostra, racconta, crea immagini indelebili, svela di volta in volta dettagli peculiari, entra violentemente nelle vite dei suoi personaggi miserabili con grazia e grande maestria, senza mai farne delle macchiette. 

Esplosioni ed implosioni, grida e silenzi, parole taciute e aggressioni fisiche, complesso di Edipo e tensioni sessuali: la difficoltà del vivere la quotidianità, con un enorme peso da portare (la malattia per il giovane Steve, l'impossibilità della madre Diane di poterlo salvare).

venerdì 18 marzo 2016

X-Men Apocalypse: il Trailer Definitivo


Livello di attesa per il nuovo film dei Mutanti dopo questo trailer (qui): +10.000!

(E no, non solo per Fassbender, che non si sa come faccia a diventare più figo ad ogni nuovo film, 'cci sua!!)



Orange Is The New Black IV scalda i motori

La terza stagione, seppur godibilissima, ha pagato lo scotto dell'inevitabile paragone con la seconda, praticamente perfetta: meno colpi di scena quindi, ma dall'altro lato un maggior approfondimento di alcuni personaggi rimasti nell'ombra. 
Quindi, con le moltissime faccende rimaste in sospeso (che fine ha fatto Nicky? Riuscirà Sophia a superare l'isolamento? E che ne sarà di Alex?), godiamoci le prime immagini della quarta stagione, disponibile da luglio, ça va sans dire, su Netflix!
Che ci mostrano già una Piper soggiogata dalle ispaniche, e qui sale una punta di soddisfazione, visto che il suo ruolo di smargiassa/faccendiera di loschi business di mutandine stava iniziando ad infastidirmi non poco, facendomi apprezzare incredibilmente di più Alex.











martedì 15 marzo 2016

Ma Nuove Idee Mai?

La tendenza va avanti da anni, ma ancora non sono riuscito a digerirla del tutto: a Hollywood le idee latitano (ma va?) e ci si rivolge a formule collaudate per assicurarsi - ma siamo proprio sicuri? - incassi certi al botteghino, oppure per sopperire allo sforzo di dover inventare di sana pianta una trama minimamente originale.

Quest'anno abbiamo già assistito al rifacimento di "Point Break" (sonoro flop), è in prossima uscita il remake di "Ghostbusters" in salsa femminile (che una certa curiosità la ispira, fosse altro per il nuovo receptionist), nelle sale americane a luglio, e pare sia in cantiere il remake/sequel/reboot di "Mary Poppins" (aiuto!) con Emily Blunt nei panni della bambinaia volante.

Oggi nel frattempo sono state pubblicate le prime foto del nuovo "Ben-Hur", il remake del glorioso peplum del 1959 diretto da William Wyler, che vinse 11 Premi Oscar, tra cui Miglior Film, Regia e Attore Protagonista a Charlton Heston; della serie, niente ci intimorisce!


Fonte: USA Today

Fonte: USA Today
Tralasciando l'utilità intrinseca del progetto (così come di "Exodus: Dei e Re" di Ridley Scott che andava a scomodare nientepopodimeno che "I Dieci Comandamenti" di Cecil B. DeMille), queste rischiose operazioni rischiano di tramutare classici intramontabili del cinema in blockbuster usa-e-getta steroidati di effetti speciali per far leva sulle nuove generazioni (in quanto le vecchie si sentiranno oltraggiate e se ne terranno bene a distanza), incapaci di replicare il successo e la portata storica degli originali. Staremo a vedere.

Altra notizia sul fronte remake/sequel: è di poco fa l'annuncio che il temutissimo "Indiana Jones 5" si farà! A confermarlo Steven Spielberg in persona, che tornerà a dirigere Harrison Ford nei panni del celebre archeologo esattamente nel 2019, quindi a 38 anni dal primo capitolo "I predatori dell'Arca perduta".
Facendo un rapido calcolo, all'epoca Ford aveva 39 anni, nel nuovo film ne avrà 77 e, mentre in rete il sarcasmo si spreca, perché evidentemente siamo ai limiti del ridicolo (gli unici reperti che potrà portare alla luce sono i contributi della pensione) vorrei riflettere sul motivo per il quale è accettabile un Indiana Jones di quasi 80 anni, ma ai grandi produttori hollywoodiani non sfiora nemmeno l'idea di propinarci, nell'esatta controparte femminile, un'archeologa avventuriera di "appena" 42 anni (vedi nuovo film di "Tomb Raider" con l'astro in ascesa Daisy Ridley, che sostituisce la Jolie).

Non sarà che per l'androcentrica fabbrica dei sogni la geriatria sia accettabile solo se maschile?